Offrire tutti i propri sensi e diventare la cosa vista, la cosa udita e così la forma, il suono, ma anche il sapore, il profumo: toccare l’altrove trovando sé stessi. Non distinguere più la propria mano e un ramo, la propria voce e il vento. È un rito antico, che si compie e conserva attraverso la poesia, la preghiera, la parola, se a queste non si oppone resistenza e ci si fa capienti e capaci di un flusso divino, di uno scorrere sonoro.
Così queste poesie sono state ascoltate e scritte, come una rivelazione, così hanno indicato un sentiero dallo stupore alla fiducia, dalla metamorfosi alla protezione. L’infanzia, conservata dentro, ne è l’amuleto, l’occhio-diamante, la chiave e la guida, nel nitore dei segni accolti, nel gioco di morbide parole.